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    • Analisi di Bilancio (seconda parte)

    Analisi di Bilancio (seconda parte)

    • Categories Antiriciclaggio, Comunicazioni, News
    • Date 21 December 2021

    A cura di Massimo Ferracci

    LINK Prima parte : https://schoolofbanking.it/2021/12/07/analisi-di-bilancio/

    Seconda parte

    Analisi e indici
    Una volta effettuata la riclassificazione del bilancio secondo i metodi ampiamente descritti (tengo a precisare
    ancora una volta che quelli trattati in questa sede sono solo alcuni dei tanti metodi di riclassificazione
    disponibili ma che secondo la nostra opinione sono quelli più rispondente alle nostre esigenze, oltre che i più
    usati) si può procedere ad effettuare l’analisi vera e propria mediante tre tecniche:

    – analisi per indici;

    – analisi per margini;

    – analisi per flussi

    Indici economici

    Gli indici economici misurano la redditività dell’azienda, intesa come capacità di realizzare in futuro reddito
    positivo (utile). Sono economici quegli indici che hanno, almeno al numeratore o al denominatore, un valore
    economico (cioè una voce desunta dal Conto Economico).

    Elenchiamo di seguito gli indici di redditività (economici), fornendo nel contempo esempi e brevi spiegazioni
    degli stessi.

    Il ROE esprime la redditività del capitale di rischio dell’imprenditore.

    ROE = RN/PN = risultato netto d’esercizio (utile netto) /patrimonio netto (con esclusione da esso dell’utile
    destinato alla distribuzione)

    Il ROE indica il rendimento del capitale investito dai soci o dall’imprenditore. In altre parole, è la sintesi
    dell’interesse maturato, per effetto della gestione, sui mezzi propri investiti in azienda. Un’impresa, per poter
    attrarre nuovo capitale di rischio, dovrebbe fornire un ROE superiore ai tassi di rendimenti di investimenti
    alternativi.

    In ogni caso il ROE di una impresa non dovrebbe mai essere inferiore al tasso garantito per
    investimenti senza rischio. Al di sotto di tale limite, infatti, non sarebbe remunerato in modo congruo il rischio
    dei risparmiatori azionisti. Per essere più precisi il PN dovrebbe essere calcolato come media tra il valore
    iniziale e quello finale. In caso di perdita, il ROE è negativo. Questo significa che lo squilibrio economico è così
    grave da erodere i mezzi propri.

    Se vogliamo approfondire ulteriormente possiamo arrivare al calcolo del così detto ROE Lordo che non è
    altro, al numeratore, che il reddito prima delle imposte. Così facendo il rendimento non viene influenzato da
    politiche economiche dello Stato e in particolar modo da evidenze di natura fiscale.

    Cash flow/Patrimonio netto: è dato dal rapporto tra cash flow (utile + ammortamenti + accantonamenti) e
    patrimonio netto. Esprime la redditività del capitale proprio in termini di cash flow. Cioè quante unità di cash
    flow produce l’impresa per ogni 100 unità di mezzi propri investiti. L’utilità di questo indice sta nel fatto che
    riesce a colmare un limite cui va incontro l’impiego del ROE. Tale limite è rappresentato dalla politica di
    ammortamento adottata dalla società. Infatti, le imprese che adottano politiche di ammortamento
    anticipato, politiche di ammortamento aggressive, fanno registrare un utile più basso rispetto alle imprese
    che adottano politiche di ammortamento opposte. Ciò osservato, per liberare il ROE dagli effetti delle
    politiche di ammortamento e accantonamento è sufficiente sommare all’utile netto l’ammontare degli
    ammortamenti e accantonamenti.

    Risultato operativo/Patrimonio netto: è dato dal rapporto tra risultato operativo e patrimonio netto. Esprime
    la redditività del capitale proprio in termini di risultato operativo. Cioè quante unità di risultato operativo
    produce l’impresa per ogni 100 unità di mezzi propri investiti. Anche questo indice è finalizzato a colmare un
    altro limite del ROE. Infatti, l’utile della società spesso viene influenzato (in alcuni casi manipolato) da fattori
    che ne condizionano il significato. Per questo motivo tale valore deve essere eventualmente rettificato o
    aggiustato da tali fattori. L’utile rettificato non è disponibile all’interno del bilancio ma va calcolato. Il calcolo
    è frutto di una scelta dell’analista che porterà in aumento dell’utile tutte le poste di natura straordinaria e/o
    anomale, che egli riterrà opportune. Se per esempio la società analizzata ha beneficiato, nel corso
    dell’esercizio, di una agevolazione fiscale non riconosciuta ad altre compagnie concorrenti (per favorire
    l’occupazione o per un salvataggio statale), oppure ha venduto un bene ottenendo una forte plusvalenza,
    otterrà un utile sensibilmente diverso da quello normale di settore. Nel nostro caso, per sterilizzare l’utile da
    tali effetti lo abbiamo depurato da tutte le componenti extra caratteristiche.

    Valore della produzione/Patrimonio netto: è dato dal rapporto tra valore della produzione e patrimonio
    netto. Esprime la redditività del capitale proprio in termini di valore della produzione. Cioè quante unità di
    valore della produzione produce l’impresa per ogni 100 unità di mezzi propri investiti. Questo indicatore si
    rivela utilissimo quando si analizzano imprese in fase di start up dove il valore della produzione è spesso
    l’unica posta positiva del conto economico.

    Molto più interessante per capire l’andamento dell’impresa è il ROI, cioè la redditività di tutto il capitale
    investito (quindi anche quello preso a prestito).

    ROI = RO/A = risultato operativo/totale attività (rettificato)

    Il ROI ci dice la redditività della gestione caratteristica (che è il cuore di qualsiasi impresa) riferita alla
    dimensione aziendale (rappresentata da tutto il capitale investito, anche quindi dal capitale di terzi preso a
    prestito). Il totale attività è rappresentato da tutti gli investimenti necessari per lo svolgimento dell’attività
    tipica. Per tale motivo bisogna escludere, ad esempio, gli investimenti temporanei di liquidità e gli immobili
    non necessari all’attività (tipo quelli concessi in fitto temporaneamente). Tutto ciò fa capire come il calcolo
    del ROI sia influenzato soprattutto dalla nozione che diamo al concetto di capitale investito o totale attività.
    Concretamente e per essere il più precisi possibili secondo i più illustri autori il totale attività è composto
    dalla somma di: PN, obbligazioni, obbligazioni convertibili, deb. v/banche oltre 12 mesi, deb. v/altri
    finanziatori oltre 12 mesi, deb. Finanziari v/gruppo oltre 12 mesi, deb. v/banche entro 12 mesi, deb. v/altri
    finanziatori entro 12 mesi, obbligazioni a lungo, obbligazioni convertibili a lungo, altri deb. Finanziari entro
    12 mesi e deb. Finanziari v/imprese entro 12 mesi. Per la sua importanza, il ROI è giustamente considerato il
    “termometro” della capacità reddituale aziendale.

    ROA = RO/Tot. Attivo
    Il ROA sintetizza l’economicità della gestione economica caratteristica prescindendo dalle modalità di
    finanziamento e dal sistema fiscale adottato. Chiaramente è influenzato dalla realizzazione di nuovi
    investimenti e dal grado di ammortamento. Infatti, le società che realizzano investimenti per conseguire
    ricavi futuri hanno un ROA inferiore rispetto ad aziende che hanno lo stesso reddito operativo ma non
    realizzano nuovi investimenti.

    Costo del denaro per l’azienda

    L’indebitamento dell’azienda è costituito sia da fonti di terzi onerose (mutui passivi, obbligazioni ecc.) sia da
    fonti non onerose (deb. v/fornitori ecc.).

    ROD = oneri finanziari/media(PC + PF)

    Fra il ROE ed il ROI esiste un’interessante relazione, chiamata leverage o leva finanziaria.

    ROE = ROI + (ROI – costo del capitale di credito) x (capitale di credito/patrimonio netto)

    dove: costo del capitale di credito = oneri finanziari/capitale di credito

    La suddetta formula si legge così: la differenza fra il ROI ed il costo del capitale di credito subisce un effetto
    moltiplicatore in ragione del rapporto (di leva finanziaria) tra capitale di credito e capitale proprio. Per cui se
    il ROI è maggiore del costo del capitale di credito, il valore positivo, ampliato dal moltiplicatore, si aggiunge
    al ROI e determina un ROE numericamente più grande del ROI. Se, invece, il costo del capitale di credito
    supera il ROI, avremo un valore negativo che, una volta ampliato dal moltiplicatore, si sottrae dal ROI e
    definisce quindi un ROE più basso del ROI. E’ inoltre opportuno notare come, nell’auspicabile caso di valore
    positivo della differenza ROI – costo del capitale di credito, l’effetto moltiplicatore premia chi ha osato di più,
    cioè le imprese che hanno un rapporto tra mezzi di terzi (finanziamenti ricevuti) e mezzi propri (patrimonio
    netto) nettamente sbilanciato a favore dell’indebitamento verso l’esterno. Viceversa, nel malaugurato caso
    di un gap negativo tra ROI e costo del capitale di credito, l’effetto moltiplicatore attenua il danno alle imprese
    che si sono comportate più prudentemente, cioè che hanno limitato l’acquisizione di finanziamenti da terzi
    per utilizzare maggiormente i capitali di provenienza interna.

    L’indice ROI può essere facilmente scomposto in due altri importanti indici, infatti:

    ROI = RO/A = RO/V x V/A cioè risultato operativo/vendite x vendite/totale attività.

    Vediamo di capire questi due nuovi indici cominciando dal primo.

    ROS = RO/V = risultato operativo/vendite

    Il ROS è l’indice che identifica la redditività delle vendite, ossia quanta parte del risultato della gestione
    caratteristica scaturisce dal volume delle vendite effettuate. Per esempio i grandi distributori al dettaglio
    (supermercati, ipermercati, etc.) avranno un ROS relativamente basso, perché il loro alto volume di vendite
    non è capace di generare molta redditività. Al contrario, attività imprenditoriali basate su alti ricarichi sui
    prodotti avranno un ROS elevato, perché l’esiguità delle vendite è contrapposta ad una redditività rilevante.
    E’ il caso delle attività artigianali e di alcune attività commerciali come i bar ed i negozi d’abbigliamento.

    La seconda componente nata dalla costola del ROI è la Rotazione del capitale investito.

    Rotazione del capitale investito = V/A = vendite/totale attività

    Questo indice ci dà una misura della capacità di vendere dell’impresa considerata, rapportando il dato delle
    vendite alla dimensione aziendale espressa dal totale del capitale investivo (totale attività).

    In altre parole, l’indice appena visto risponde alla domanda “quanto vende l’impresa analizzata”, non in
    valore assoluto, ma relativamente alla dimensione aziendale. Può essere utile però vedere a quale parte del
    capitale investito è da attribuirsi una performance o una debacle dell’indice in questione. A tale scopo
    possiamo dividere in due nuovi indici la rotazione del capitale investito.

    Il primo di essi è il seguente:

    Rotazione del capitale fisso = V/AF = vendite/attivo fisso
    E vediamo quanto il capitale fisso (le immobilizzazioni) dell’azienda ha contribuito alle vendite.

    Il secondo prende invece in considerazione l’altra parte del capitale investito, cioè il capitale circolante.

    Rotazione del capitale circolante = V/AC = vendite/attivo circolante

    Se il valore ricavato è interessante (positivamente o negativamente), c’è ancora la possibilità di un’ulteriore
    scomposizione di quest’ultimo indice per un’analisi di maggior dettaglio.

    Si può infatti scindere il capitale circolante nelle sue componenti, iniziando dai crediti.

    Rotazione dei crediti verso clienti = V/C = vendite/crediti verso clienti

    Esso definisce quante volte nel periodo considerato si è rinnovato l’intero portafoglio dei crediti commerciali.
    Da questo indice si può desumere per esempio come un risultato positivo sulle vendite possa nascondere un
    peggioramento del portafoglio clienti, dovuto al gonfiamento dei crediti incagliati o addirittura inesigibili.

    Inoltre, si può scindere l’indice di rotazione del capitale circolante in quest’altro indice economico che tiene
    conto delle scorte in magazzino.

    Rotazione del magazzino = CV/S = costo del venduto/scorte

    Che, indicando quante volte si rinnovano nel periodo le scorte, ci segnala l’eventuale verificarsi di situazioni
    indesiderate di “sovrascorta” all’interno del magazzino.

    Dagli indici di rotazione appena visti si possono ricavare (semplicemente invertendo i numeratori con i
    denominatori) i cosiddetti indici di durata media, riferiti al magazzino, ai crediti verso clienti e ai debiti verso
    fornitori. Vediamo subito l’indice di durata media del magazzino.

    Durata media del magazzino = S/CV x 365 = scorte/costo del venduto x 365 giorni

    Esso esprime i giorni di durata media delle scorte prima di un completo rinnovo del magazzino.

    Lo stesso ragionamento si può applicare ai crediti verso clienti.

    Durata media dei crediti verso clienti = C/V x 365 = crediti v/clienti /vendite x 365 giorni

    L’indice fornisce l’importante informazione della dilazione media accordata alla clientela in giorni.

    Stessa cosa per i debiti verso fornitori.

    Durata media dei debiti verso fornitori = D/Ac x 365 = debiti v/fornitori/acquisti x 365 giorni

    Che esprime, simmetricamente, la dilazione media riconosciuta dai fornitori in giorni.

    Indici patrimoniali

    Attraverso i ratios economici si dà una quantificazione delle funzionalità dell’impresa. Con gli indici
    patrimoniali si analizzano, invece, le caratteristiche strutturali dell’impresa, cioè le problematiche legate alla
    composizione della sua Situazione Patrimoniale.

    Negli indici patrimoniali compaiono, sia al numeratore, sia al denominatore, valori tratti dal prospetto
    patrimoniale.

    Occupiamoci prima delle fonti, ovvero della parte in cui sono evidenziate le passività dello Stato Patrimoniale
    riclassificato.

    Il primo indice che andiamo a descrivere è necessariamente quello che ci dà una misura della dipendenza da
    terzi finanziatori.

    Grado di autonomia finanziaria = PN/P = patrimonio netto/totale passività

    Questa grandezza indica quanta parte di 1 euro di finanziamenti proviene da mezzi propri (dei soci o
    dell’imprenditore) dell’azienda. Quindi, più è alto e più l’impresa si affida all’autofinanziamento per reperire
    i fondi da investire negli impieghi elencati tra le attività. Viceversa, più è basso e più l’impresa fa ricorso a
    fonti esterne per finanziare gli investimenti.

    Una volta appurato il grado di autonomia finanziaria o, se vogliamo, simmetricamente, quale complemento
    a 1 dell’indice di cui sopra, il grado di dipendenza finanziaria, può essere interessante rispondere alla
    seguente domanda: “quanta parte dei finanziamenti esterni deriva dall’indebitamento a breve?”

    Grado di indebitamento corrente = PB/P = passivo corrente/totale passività

    Che fornisce il peso dell’indebitamento a breve rispetto al totale delle fonti finanziarie. Vedremo, parlando
    degli indici finanziari, quanto può essere pericoloso un elevato indebitamento corrente, soprattutto per il
    fatto che esso va spesso a finanziare investimenti a lungo termine.

    Passando all’analisi del lato degli impieghi della Situazione Patrimoniale, vediamo l’indice che esprime il loro
    grado di elasticità.

    Grado di elasticità degli impieghi = AC/A = attivo circolante/totale attività

    Questo indice evidenzia il peso degli impieghi a breve rispetto al totale degli investimenti e quindi ci dice
    quanto è elastica la struttura attiva del patrimonio.

    Indici di produttività

    Per comprendere appieno il concetto di produttività è opportuno ricordare alcune definizioni di economia
    politica.

    Con il termine efficacia si misura quanta parte dell’obiettivo prefissato si è raggiunto.

    Con il termine efficienza ci si riferisce, invece, al rapporto tra risultati raggiunti e mezzi impiegati. Quando si
    utilizza questo parametro nel processo produttivo, esso assume il più appropriato nome di produttività,
    perché al numeratore ci sarà la produzione ottenuta e al denominatore la quantità di fattore produttivo
    (capitale o lavoro) che è stato necessario impiegare per quella produzione. Di conseguenza, se, per esempio,
    la politica dell’impresa punta alla produzione, in un certo lasso di tempo, di mille unità di un determinato
    prodotto, sarà più produttiva la combinazione industriale che richiederà, per il raggiungimento di quel livello,
    meno operai o meno beni strumentali.

    Chiarito il fondamentale concetto di produttività, andiamo a vedere gli indici che la quantificano.

    Il primo è riferito al fattore produttivo lavoro e prende pertanto in considerazione il numero di addetti, cioè
    non solo i dipendenti, ma anche gli occasionali, i soci lavoratori, i collaboratori e chiunque altro abbia
    partecipato alla produzione nel periodo considerato.

    Ricavi medi per addetto = V/n. add. = vendite/numeri addetti

    Ci dice quante vendite ha prodotto in media ciascun addetto.

    Anche il secondo indice di produttività fa riferimento al fattore lavoro e quindi al numero di addetti.

    Risultato operativo per addetto = RO/n. add. = risultato operativo/numeri addetti

    Esprime quanta parte del risultato della gestione caratteristica ha prodotto (in media) ogni addetto.

    Quest’altro indice prende invece in considerazione anche il fattore capitale, rappresentato dalle
    immobilizzazioni materiali e immateriali.

    Cespiti per addetto = (AF – immob. finanz.)/n. add. = (attivo fisso – immob. finanziarie)/n. addetti

    Indica la quantità di cespiti a disposizione di ciascun addetto. Non è propriamente un’espressione di
    produttività, bensì un metro del grado di “industrializzazione” dell’impresa. Per cui un elevato valore
    dell’indice è sinonimo di alta tecnologia ed automazione nel processo produttivo.

    Analisi per margini

    L’analisi per margini ha lo scopo di accertare la corrispondenza della qualità delle fonti (attivo dello SP) a
    quella degli impieghi (passivo SP) ovvero la compatibilità tra le fonti e gli impieghi tenendo conto dei rispettivi
    tempi di pagamento e di riscossione e verificare l’esistenza o meno di un duraturo equilibrio finanziario tra
    entrate e uscite. Premettiamo che l’analisi per margini ha dei limiti consistenti nel fatto di consentire solo
    l’esame istantaneo, poco significativo, e quello temporale confrontando i dati di più bilanci dell’azienda.

    Ritroviamo tre tipologie di analisi:

    – margine di struttura MS;

    – capitale circolante netto CCN;

    – margine di tesoreria MT

    Vediamo i singoli indici.

    Margine di struttura rappresentato dalla differenza tra il capitale netto PN (al netto degli utili distribuiti o
    attribuiti a riserve), e il valore netto delle immobilizzazioni materiali AI. Questo margine oltre a verificare
    quanto il PN serva alla copertura delle AI, esprime le condizioni di equilibrio finanziario di lungo periodo
    ovvero la dimensione dei mezzi propri rispetto agli investimenti diciamo a lungo rientro e quindi a valutare il
    grado di capitalizzazione (adeguatezza mezzi propri). Se il suo valore è positivo si può fare affidamento su
    ulteriore indebitamento e quindi nuovi investimenti; se negativo significa carenza di mezzi propri, squilibrio
    finanziario e quindi limitata possibilità di una eventuale espansione autonoma.

    MS = PN – AI

    Capitale circolante netto è misurato dalla differenza tra attività a breve e passività a breve (attività correnti
    AC – passività correnti PB). Esprime la quota di capitale di esercizio finanziata con risorse a disposizione
    dell’azienda in via stabile e permanente. Per questo rappresenta un importante condizione di equilibrio
    finanziario e patrimoniale nel breve e nel medio termine.

    Ricordiamo: CCL = Magazzino + cassa + crediti = AC

    CCN (finanziario) = CCL – fonti finanziarie a breve (PB) = AC – PB

    Margine di tesoreria è rappresentato dalla differenza tra le fonti durevoli di capitale proprio e di terzi e le
    attività fisse e le scorte.

    MT = (AC – magazzino netto) – PB

    Praticamente basta eliminare dal CCN il valore del magazzino netto

    Segnala la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni finanziari a breve con le sole disponibilità immediate
    e differite

    Anche il margine di tesoreria, affinché ci possa essere un equilibrio finanziario, deve essere positivo (anche
    se nella pratica è tollerato un valore limitatamente negativo); se ciò non si verifica potrebbe accadere che in
    caso di richiesta di rimborso immediato dei debiti non si avrebbero i mezzi monetari per farvi fronte.

    Trasformando il margine di tesoreria, che è in valore assoluto, in un rapporto, ossia in un valore relativo,
    avremo:

    Quoziente di tesoreria = (Li + Ld)/PB = (liquidità immediata + liquidità differita)/passivo corrente

    Che ci dice quanta parte di 1 euro di impegni a breve siamo in grado di onorare con le disponibilità a
    breve dell’impresa.

    Analogamente, dal concetto di Margine di disponibilità (anche detto capitale circolante netto), che è dato
    dagli stessi termini del margine di tesoreria più le scorte (liquidità immediata e differita + scorte – passivo
    corrente, cioè in formula (Li + Ld + S) – PB), si ricava un valore della liquidità (o illiquidità) dell’impresa che
    tiene conto della possibilità di realizzo del magazzino (ovvero della possibile vendita a breve della merce
    immagazzinata), qualora ciò si rendesse necessario per adempiere gli impegni di prossima scadenza. Anche
    qui è possibile passare dal margine ad un ratios che ci è più familiare.

    Quoziente di disponibilità = AC/PB = attivo circolante/passivo corrente

    Ossia quanta parte di 1 euro di debiti a scadenza ravvicinata siamo in grado di pagare con la liquidità
    immediata e differita e con la vendita (sempre a breve chiaramente) delle scorte.

    Per concludere, il Margine di liquidità immediata, dà un’idea della situazione di liquidità aziendale prendendo
    in considerazione esclusivamente la liquidità monetaria (C/C bancario o postale e denaro in cassa) e i debiti
    correnti. La formula è Li – PB .

    Quoziente di liquidità immediata = Li/PB = liquidità immediata/passivo corrente

    E’ l’indice della liquidità monetaria dell’impresa, perché mostra quanta parte di 1 euro di debiti a breve
    possiamo saldare con le attività detenute in moneta.

    Rendiconto Finanziario

    Attraverso il bilancio di esercizio, e soprattutto con una corretta riclassificazione dello stesso, possiamo
    ottenere delle informazioni sulla: gestione patrimoniale, economica e finanziaria dell’azienda. Mentre, però,
    per analizzare le prime due il bilancio riclassificato ci dà delle informazioni che possono aiutare l’analista a
    comprendere tali dinamiche, dal punto di vista dell’equilibrio finanziario il solo bilancio non basta.

    Questo deriva dal fatto che, anche se lo stato patrimoniale contiene alcune informazioni di carattere
    finanziario, queste sono esclusivamente di tipo statico, ovvero riferite al termine del periodo amministrativo
    considerato.

    Il conto economico non dà alcuna informazione utile a livello finanziario in quanto in esso viene evidenziata
    solo la dinamica reddituale che scaturisce dall’utile del periodo: il CE è redatto secondo il criterio della
    competenza (la fattura emessa ma non ancora incassata fa sorgere un credito che però viene considerato
    ricavo anche se non incassata e quindi utile) mentre per la logica finanziaria sono importanti solo quei
    fenomeni di gestione che comportano movimenti di cassa. Si pensi ad esempio al calcolo delle rimanenze il
    cui valore concorre all’utile anche se monetariamente non c’è alcun movimento degno di nota. Lo studio
    della dinamica finanziaria è fondamentale per permettere una corretta analisi dell’andamento aziendale,
    mentre ciò non è possibile con semplici metodi patrimoniali e reddituali (si pensi al solo utilizzo di indici).

    Attraverso esso possiamo capire l’importantissima relazione tra la capacità dell’azienda di conseguire un
    reddito e nello stesso tempo di creare cassa ovvero liquidità determinata attraverso la somma di tutte le
    entrate e le uscite monetarie.

    Per tale motivo può capitare che un analista non esperto valuti positivamente un’azienda solo per il fatto che
    sia in grado di produrre un utile senza analizzare il fatto che ha pochissimo danaro in cassa e che per pagare
    i dividendi sarà costretta a prendere danaro in prestito appesantendo la sua struttura patrimoniale e
    finanziaria nel futuro.

    Il rendiconto finanziario e’ quindi il documento che mira ad analizzare i fenomeni di generazione e di
    assorbimento dei flussi finanziari aziendali: da dove viene e dove va a finire la liquidità (la cassa/banca).

    Per determinare il flusso finanziario complessivo che ha determinato la variazione di liquidità, il rendiconto
    finanziario parte dal risultato economico di bilancio (utile d’esercizio), che viene rettificato a fronte di tutte
    quelle componenti di costo e ricavo cosiddette non cash, ovvero che non hanno manifestazione finanziaria
    (ad esempio ammortamenti, accantonamenti, svalutazioni, rettifiche contabili etc.).

    Per redigere un rendiconto finanziario di facile interpretazione occorre aggregare i singoli flussi monetari
    ovvero le singole entrate e uscite di cassa in funzione dell’area gestionale da cui hanno avuto origine.

    In linea generale il rendiconto ha lo scopo di spiegare in termini finanziari:

    1. L’attività di finanziamento (autofinanziamento e finanziamento esterno) dell’impresa durante
    l’esercizio espressa in termini di variazioni delle risorse finanziarie determinato rettificando, al valore
    dell’utile di esercizio, una serie di valori non monetari: solo come esempio ammortamenti,
    accantonamenti, svalutazioni, rettifiche contabili etc;

    2. Le variazioni delle risorse finanziarie, determinate dall’attività produttiva di reddito svolta dall’impresa
    nell’esercizio, rappresentate dalle variazioni intervenute nel capitale circolante netto ossia l’eccedenza
    delle attività a breve o correnti sulle passività a breve o correnti;

    3. L’attività d’investimento dell’impresa durante l’esercizio, acquisto o dismissione di cespiti;

    4. Le variazioni nella situazione patrimoniale – finanziaria dell’impresa avvenute nell’esercizio,
    accensione/rimborso di mutui, variazioni intervenute nel patrimonio netto ecc;

    5. Le correlazioni che esistono tra le fonti di finanziamento e gli investimenti effettuati.

    Il rendiconto finanziario va incluso nella nota integrativa. Sebbene la sua mancata presentazione non venga
    considerata, in via generale ed allo stato attuale, come violazione del principio della rappresentazione
    veritiera e corretta del bilancio, tale mancanza, tuttavia, in considerazione della rilevanza delle informazioni
    di carattere finanziario fornite e della sua diffusione sia su base nazionale che internazionale si assume
    limitata soltanto alle aziende amministrative meno dotate, a causa delle minori dimensioni. Lo IAS n. 7
    richiede la presentazione di un rendiconto finanziario redatto in base ai flussi delle disponibilità liquide (e
    valori assimilabili) sia pur concedendo due diverse alternative di calcolo. Poiché l’Italia ha esercitato l’opzione
    prevista dal Regolamento comunitario n. 1606 del 2002 circa l’adozione dei principi contabili internazionali
    per le società cui si applicheranno tali principi, il legislatore dovrà adottare ai fini dello schema di rendiconto
    finanziario quanto previsto dallo IAS 7, edizione rivista nel 1992 ed allo stato ancora in vigore.

    Chiaramente, i primi due rappresentano l’analisi fondamentale e l’indice più importante di una corretta
    gestione economico-finanziaria di qualsiasi impresa. Sia l’attività di autofinanziamento che il flusso di capitale
    circolante netto originato dalla gestione reddituale dell’impresa è un elemento fondamentale nell’analisi
    finanziaria del bilancio. Tali valori, infatti, costituiscono il collegamento fra l’aspetto economico e l’aspetto
    finanziario della gestione, essenziale per comprendere come l’andamento economico della gestione si
    ripercuota sulla dinamica finanziaria dell’impresa.

    La gestione reddituale è composta da operazioni che si concretizzano in ricavi e nelle spese necessarie per
    produrre tali ricavi, da cui deriva il reddito. Tali operazioni sono riflesse nel conto economico e rappresentano
    anche le fonti di finanziamento dell’impresa ed in particolare quelle dell’autofinanziamento. Da esse si genera
    liquidità o capitale circolante netto necessario per finanziare la gestione futura.

    Nel caso in cui i ricavi eccedano i costi che richiedono utilizzo di liquidità o di capitale circolante netto si
    determina un aumento dello stesso. Detto aumento netto rappresenta le risorse finanziarie generate dalla
    gestione reddituale, ossia la liquidità o il capitale circolante netto prodotto dalla medesima. Al contrario,

    l’eccedenza dei costi che richiedono utilizzo di liquidità o di capitale circolante netto determina una riduzione
    della risorsa finanziaria.

    Qualunque sia la nozione di risorsa finanziaria presa a fondamento del rendiconto finanziario quest’ultimo
    viene ad accogliere nel suo seno, in primo luogo, il flusso di tale risorsa originato o consumato dalla gestione
    reddituale. Il flusso prodotto dalla gestione reddituale viene accostato poi ai flussi originati da:

    – Investimenti o disinvestimenti nel settore degli immobilizzi tecnici, finanziari e patrimoniali;

    – Accensioni o rimborsi di debiti a medio e lungo termine;

    – Variazioni del patrimonio netto (aumenti o rimborsi di capitale, distribuzione di dividendi, finanziamenti in
    c/futuro aumento ecc.).

    L’insieme di tutti questi flussi determina l’incremento od il decremento subito dalla risorsa finanziaria iniziale
    nel corso dell’esercizio.

    I metodi più utilizzati nella pratica sono essenzialmente due:

    1. Rendiconto finanziario – metodo indiretto

    2. Rendiconto finanziario – metodo diretto

    La distinzione fondamentale tra i due schemi deriva dal fatto che il secondo, metodo diretto, è utilizzato per
    le start up, mentre il primo per imprese con almeno due/tre bilanci disponibili.

    Rendiconto Finanziario – Metodo indiretto

    Il rendiconto finanziario diretto può essere predisposto in due forme in relazione al concetto di risorse
    finanziarie preso a base dello stesso.

    Le forme sono le seguenti:

    – Rendiconto finanziario in termini di capitale circolante netto;

    – Rendiconto finanziario in termini di liquidità.

    In entrambi i casi il rendiconto finanziario deve esporre:

    1. Le risorse finanziarie generate dalla gestione reddituale dell’esercizio, cioè il flusso di liquidità ovvero di
    capitale circolante netto generato dalla medesima. Tale flusso viene ottenuto rettificando l’utile netto o la
    perdita di quelle voci che non hanno generato o non hanno richiesto l’esborso di liquidità (o di capitale
    circolante netto);

    2. Le assunzioni ed i pagamenti di mutui e prestiti obbligazionari;

    3. Il ricavato della vendita di immobilizzazioni tecniche, finanziarie, immateriali, da indicare distintamente;

    4. Gli acquisti di immobilizzazioni tecniche, finanziarie ed immateriali. Le tre categorie devono essere indicate
    distintamente. Per le immobilizzazioni finanziarie e le immateriali si rende necessario specificare il tipo di
    attività acquisite (partecipazioni, brevetti ecc.);

    5. I dividendi pagati;

    6. Le variazioni avvenute nell’esercizio nei singoli conti componenti il capitale circolante netto ed il totale di
    tali variazioni (aumento o diminuzione del capitale netto);

    7. Tutta quella serie di variazioni patrimoniali di rilievo che non influisce sul livello della liquidità ovvero del
    capitale circolante le cui connesse variazioni monetarie restano escluse dal prospetto in parola (aumenti di
    capitale coperti mediante conferimento di impianti, acquisizioni di immobilizzi tecnici contro rilascio di
    obbligazioni, pagamento di partecipazioni mediante obbligazioni o azioni, conversione di obbligazioni
    convertibili in azioni);

    8. Tutte quelle altre variazioni significative subite dallo stato patrimoniale, esclusi i trasferimenti tra conti del
    patrimonio netto, i quali vengono evidenziati nell’apposito prospetto.

    Le compensazioni tra flussi finanziari di segno opposto in linea di principio devono escludersi onde non
    alterare la significatività del rendiconto finanziario. Esse trovano il loro limite nel principio contabile generale
    della rilevanza o significatività dei dati.

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    leodori

    Andrea Leodori
    Group Anti-Financial Crime Specialist
    Unicredit

    Lavoro presso la funzione di Gruppo nell’ambito Compliance AFC di UniCredit e ho deciso di frequentare il Master Executive AML/CFT Diploma (27 esima edizione), in quanto avevo necessità di accrescere il mio bagaglio tecnico aggiungendo competenze distintive nel curriculum. La European School of Banking – Scuola Italiana Antiriciclaggio & Compliance è un polo attrattivo per coloro che ambiscono a diventare esperti del settore AML e il conseguimento di un titolo di questa portata permette di accreditarvi agli occhi degli addetti ai lavori, potendo contare su una maggiore credibilità, soprattutto se si ricoprono posizioni che prevedono responsabilità dirette. In ultimo, non va trascurata la partnership con ACAMS, unica nel panorama italiano, che permette di sostenere l’esame in italiano per la certificazione CAMS a seguito del conseguimento del Diploma di Master. La didattica affrontata nei 7 mesi di percorso è stata eccellente, come degno di nota tutto il corpo docenti estremamente competente e rispettabile. Le esercitazioni svolte sul portale della scuola con circa 800 domande V/F, mi hanno permesso di arrivare più preparato il giorno dell’esame. Consiglierei il Master a tutti coloro che stanno pensando di intraprendere un nuovo percorso lavorativo oppure a tutti coloro che vogliono consolidare il proprio background aggiungendo un titolo riconosciuto a livello europeo.
    armani

    Alberto Armani
    Responsabile Antiriciclaggio di Gruppo
    UBI BANCA

    “Sono Responsabile Antiriciclaggio di Gruppo per UBI BANCA, il mio lavoro consiste nel garantire la conformità alla normativa e assicurare l’efficacia del modello operativo di antiriciclaggio. Ho deciso di frequentare il Master in Antiriciclaggio con un duplice obiettivo, da un lato l’intenzione era quella di affrontare la normativa sotto un diverso punto di vista che poteva darmi solo il raffronto con gli addetti ai lavori; dall’altro per ottenere una certificazione delle mie conoscenze in materia. Sono venuto a conoscenza della Scuola Italiana Antiriciclaggio ricercando in Internet e confrontandomi con partecipanti di edizioni passate. Valuto molto buono il lavoro della segreteria organizzativa e didattica e i docenti di elevata qualità e competenza. Il master mi ha dato la possibilità di confrontarmi con chi opera nell’antiriciclaggio con ruoli investigativi facendomi vedere le cose sotto altri punti di vista, il valore aggiunto è attuare quei punti di vista nella quotidianità lavorativa. Le competenze apprese nel Master che si rivelano utili nell'operatività di tutti i giorni sono soprattutto competenze di analisi e interpretazione normativa, applicazione dell’approccio risk based nella gestione degli aspetti operativi. Successivamente alla mia esperienza ho deciso di estendere la partecipazione al Master al mio Team, attivando un percorso per i colleghi esposti quotidianamente nella gestione delle attività tipiche di una struttura antiriciclaggio al fine di aumentarne l’efficacia e la consapevolezza degli impatti. Decisamente sì, consiglierei il Master ad un collega o ad un amico.”
    FOTO_PERILLI

    Gaetano Perilli
    Chief Compliance Officer e RPCT
    REV GESTIONE CREDITI S.P.A. (società della Banca d’Italia)

    “Sono Responsabile della Funzione Compliance e della Funzione Antiriciclaggio con delega alle segnalazioni sospette. Inoltre, sono stato nominato Responsabile Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (RPCT) ex lege 190/2012. La mia mission è garantire che i presidi negli ambiti assegnatemi siano ben implementati, efficienti ed efficaci. Nel quotidiano esercito il ruolo con un approccio di consulenza, ovvero cercando di intercettare le tematiche e le eventuali problematiche ex ante. In materia di antiriciclaggio, verifico nel continuo che gli adempimenti previsti dalla normativa esterna e quelli formalizzati nella normativa interna siano eseguiti correttamente a tutti i livelli aziendali. Ho deciso di frequentare il Master in Antiriciclaggio per implementare ulteriormente le mie conoscenze e per ottenere una formale certificazione da un Ente riconosciuto a livello italiano ed europeo. Sono venuto a conoscenza della Scuola Italiana Antiriciclaggio tramite dei workshop, tra cui il Salone annuale dell’antiriciclaggio, ed anche grazie alla Banca Popolare di Puglia e Basilicata. Valuto soddisfacente il lavoro della segreteria organizzativa e didattica ed elevata la qualità dei docenti. Il Master mi ha consentito di migliorare le mie competenze in materia di Antiriciclaggio approfondendo una serie di aspetti da punti di vista diversi, a seconda dell’estrazione dei docenti ed anche dei colleghi discenti. Nell'operatività di tutti i giorni, le competenze apprese nel Master che si rivelano più utili riguardano i temi correlati agli aspetti fiscali ed i relativi confronti sulle verifiche ispettive con focus sull’approccio seguito da parte della Guardia di Finanza e dell’Autorità Giudiziaria in generale. Sì consiglierei certamente il Master Antiriciclaggio, l’ho già fatto in passato e lo farò in futuro.”
    FOTO_VALENTE

    Davide Valente
    Analista Area Suspicious Transaction
    UBI BANCA

    “Sono un Analista delle segnalazioni sospette in UBI Banca. Mi occupo appunto dell’analisi delle segnalazioni di operazioni sospette che arrivano dalle nostre filiali per predisporle alla verifica e alle sottoscrizioni del delegato di gruppo. Mi occupo, inoltre, di attività di consulenza in materia di Antiriciclaggio. Su iniziativa della Banca per cui lavoro, ho deciso di frequentare il Master in Antiriciclaggio. Ho gradito particolarmente la possibilità di ampliare le mie conoscenze in materia sotto vari profili, non strettamente legati all’attività che svolgo, ma di più ampio respiro. Per me il Master ha rappresentato una importante opportunità. Ho conosciuto, quindi, la Scuola Italiana Antiriciclaggio proprio tramite la banca. Sulla base della mia esperienza diretta, esprimo una valutazione estremamente positiva sul lavoro della Segreteria Organizzativa e Didattica; ci sono state date tutte le informazioni di cui avevamo bisogno, da quelle più ampie di impostazione del corso, a quelle più specifiche di carattere pratico. Personalmente, ho sempre avuto in anticipo indicazioni che hanno facilitato la mia partecipazione ai singoli moduli. Inoltre, ci tengo a precisare che, quando ho avuto bisogno di elementi più specifici, ho ricevuto una pronta risposta sia da parte del Direttore, il Dott. Silvestri, che da parte di tutta la Scuola. La qualità dei docenti è massima. È stata veramente massima la levatura, sia sulla materia che sugli argomenti trattati. Ho personalmente apprezzato la disponibilità dei docenti nel rispondere alle varie domande e nel fornire approfondimenti ed affrontare casi pratici. Una massima preparazione unita ad una grande disponibilità penso sia il massimo. Il master ha migliorato le mie competenze sotto diversi profili. Da un lato, mi ha consentito di approfondire aspetti del mio lavoro da me meno conosciuti come ad esempio la segnalazione delle operazioni sospette. Il corso mi ha dato una visione a 360° a riguardo. Dall’altro, mi ha permesso di approfondire aspetti relativi alla normativa; un ottimo lavoro è stato fatto, per esempio, sulla 5° direttiva e gli sviluppi in materia. Le competenze apprese si rivelano utili soprattutto nella mia attività di consulenza. Assolutamente sì, consiglierei il Master in Antiriciclaggio. Desidero ringraziare la Scuola Italiana Antiriciclaggio. È stata un’esperienza di crescita, molto utile per la mia professionalità.”
    user-200×200

    Francesco Petruzzelli
    Addetto servizio Antiriciclaggio
    BPPB

    “Sono Addetto al Servizio Antiriciclaggio della Banca Popolare di Puglia e Basilicata e mi occupo di controlli di 2° livello. Ho frequentato il Master in Antiriciclaggio in virtù della formazione obbligatoria che il ruolo che ricopro richiede, penso sia necessaria la formazione. Ho conosciuto la Scuola Italiana Antiriciclaggio attraverso il mio datore di lavoro che mi ha indirizzato per questo Master. Sempre gentili e disponibili le persone che hanno ricoperto il ruolo della Segreteria organizzativa e didattica; il mio voto in merito è perciò positivo. Considero alta ed elevata la qualità dei docenti. Le competenze apprese durante il Master sono state utilissime. Non si può prescindere dalle competenze se ricopri un ruolo del genere; è necessaria una formazione che permetta di aggiornarsi quotidianamente, anche sulla base di aggiornamenti e normative non ancora applicate – noi, per esempio, siamo stati formati sulla 5^ direttiva prima ancora che questa venisse discussa in governo. Assolutamente sì, consiglierei il Master”.
    FOTO_OROFINO

    Vincenzo Orofino
    Quadro direttivo servizio Antiriciclaggio
    BPPB

    “Sono un Quadro Direttivo nell’ambito del servizio Antiriciclaggio, mi occupo di segnalazione operazioni sospette e valutazione inattesi GIANOS. Tra le attività prevalenti, nella valutazione delle segnalazioni sospette, mi occupo di esaminare la rete commerciale e di svolgere un’analisi per capire se le indicazioni pervenute sono coerenti con la segnalazione stessa. Cerco, quindi, di capire se ci sono i presupposti per una segnalazione. Negli inattesi GIANOS, fonte diversa di segnalazioni, mi occupo dello stesso tipo di attività, ma provvediamo a fare la valutazione dei conti e la verifica dell’anomalia. Ho frequentato il Master in Antiriciclaggio nel momento in cui sono stato spostato dal settore Audit a quello Antiriciclaggio. Credo molto nell’attività formativa, fondamentale nella legislatura la normativa e le novità. Sono venuto a conoscenza della Scuola Italiana Antiriciclaggio da alcuni colleghi che avevano già partecipato al Master. Ho partecipato volentieri. Per quanto riguarda il lavoro della segreteria darei una valutazione molto alta, sempre molto efficienti. Relativamente ai docenti, in una scala da 1 a 10, darei una valutazione compresa tra l’8 e il 9;. L’approccio didattico è stato prevalentemente pragmantico, con alcune differenze da un docente all’altro. Ho apprezzato maggiormente quelli che hanno fatto molte esercitazioni. Tutti con grande competenza e professionalità. Le competenze apprese nel Master sono molto utili, la nostra è una materia in continua evoluzione ed occorre sempre riprendere e fare attività di formazione. Le nozioni acquisite si sono rivelate molto utili nell’operatività di tutti i giorni. Sì, perché no, consiglierei il Master! Sicuramente come Scuola, dalla segreteria all’organizzazione in generale, gli interventi in aula, la materia, la posizione della sede, è stato tutto ottimo e comodo. Speriamo di rivederci presto.”
    dellatorre

    Chiara Dellatorre
    Back office AML
    IVRI SPA

    “Sono impiegata nell’Ufficio Antiriciclaggio di IVRI S.p.A. e mi occupo di back office. Le principali attività da me svolte sono l’adeguata verifica, la profilazione dei clienti e la gestione dei rapporti con altri Istituti di Vigilanza e con il Responsabile della funzione Antiriciclaggio. Ho deciso di frequentare il Master Antiriciclaggio per esigenze aziendali, ero l’unica persona di riferimento in materia. È sorta così la necessità di frequentare un Master completo che desse delle basi per gestire la funzione Antiriciclaggio. Ho conosciuto la Scuola Italiana Antiriciclaggio su Internet, facendo delle ricerche sulla materia. Su una scala da 1 a 10, valuto tra l’8 e il 9 il lavoro svolto dalla Segreteria Organizzativa e Didattica. Ottima la qualità dei docenti a cui riservo un 9. Qualcuno è risultato più empatico, altri sono rimasti legati alle slide e hanno interagito meno. Il Master mi ha aiutata tantissimo, mi ha aperto una visuale a 360° sull’organizzazione dell’ufficio e del lavoro. È stata un’occasione per andare oltre il tema dell’Antiriciclaggio ed approfondire altri temi di cui non avevo un’ampia visione, come ad esempio quello della Compliance. Nell’operatività del mio lavoro quotidiano le competenze apprese si rivelano molto utili. Grazie al Master ho acquisito una maggiore comprensione delle attività che devono essere svolte nel concreto come ad esempio l’organizzazione dell’ufficio e come strutturalo, i presidi, come evitare i rischi riciclaggio dei clienti e l’identificazione della documentazione da predisporre in caso di adeguata verifica. Sì, consiglio assolutamente il Master.”
    Tutte le testimonianze

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